La marche de l'empereur (Stati Uniti-Francia, 2005) è un'interessante ed originale documentario diretto dal giovane biologo di Lione Luc Jacquet (La volpe e la bambina), soggettista e sceneggiatore dello stesso con Michel Fessler (Ridicule), reso ancor più bello dalle liriche musiche di Emilie Simon (Mue) e dalla voce del narratore esterno, quella di Fiorello, nella versione italiana.
Voce che narra una storia pazzesca, una storia d'amore, la più bella storia della natura, una favola antica e moderna, quella dei pinguini imperatore, i cui antenati, sempre là, in piedi, come sentinelle, furono gli unici animali a sopravvivere con coraggio ai cambiamenti della terra, dopo la distruzione del primordiale giardino ricco di piante e creature.
Il racconto inizia dal giorno della partenza di questi pesci con le ali, il terzo dopo il raduno, quando, ricevuto il segnale, essi lasciano l'oceano, iniziando, con la prima marcia, quella delle lunghe carovane, dell'amore, un misterioso rituale che si ripete da migliaia di anni, un lungo viaggio quasi impossibile, per stabilirsi dove l'inverno li coglie, dove incontreranno colonie venute dai quattro angoli del pianeta, alle porte di pietra che li videro nascere tutti, fin dall'inizio dei tempi, tra i sicuri muri di granito. Si tratta di Adelie Land, il più ostile posto del mondo, dove l'amore trova una via, in mezzo agli iceberg, colossi addormentati come i vagabondi.
Qui infatti, i pinguini scelgono la loro compagna, con cui resteranno solo un anno, e tra canti nuziali quelli che si sono scelti da tempo si isolano nell'intimità delle pareti, dove, nel silenzio, una promessa di vita si installa nel tepore dei loro ventri, dopo che l'amore è stato detto e l'amore è stato fatto con il solenne ballo d'invero, una particolare e difficile danza che deve essere equilibrata e perfetta per proteggere l'uovo, quel minuscolo fremito di cuore, il loro tesoro, dal gelo dell'Antartide. Quando ciò non accade, essendo difficile costruire la vita, quando il gelo pianta la sua mascella, la disperazione porta alcune madri a cercare di rubare il cucciolo di altri, per poi tornare, sconfitte, all'oceano, che canta, sotto, i suoi canti magnetici, attraverso quel paese troppo grande per loro, in cui splendono i sentieri del cielo, perché il sole e le stelle vi hanno tracciato le mappe eterne.
In questo triste caso, come in tutte le marce, l'individuo solitario è condannato, mentre si salva il gruppo, con la forza dell'unione e della solidarietà, perché se attraversano la linea invisibile delle frontiere della vita si addormentano e a poco a poco svaniscono nel bianco e dove regna il bianco, chi muore è cancellato.
Così arriva il tempo della seconda marcia, quella del crepuscolo, delle madri nel deserto di ghiaccio, tra lotte e sofferenze, verso l'oceano, per poter sfamare sé sesse ed i loro piccoli, mentre i padri, per tre lunghi mesi, sfidano l'inverno, covando con amore le uova, attendendo con speranza il ritorno della compagna e lo schiudersi dell'uovo. Si tratta della prima separazione dei danzatori, durante la quale i pinguini maschi per resistere al vortice della tempesta si uniscono diventando un solo corpo che muovendosi lentamente e in continuazione si attorciglia su se stesso, stringendosi a testuggine, e con coraggio non si fiaccano, e le madri, dopo la marcia sul ghiaccio che li separa dall'acqua in cui vogliono entrare, metafora della distanza dalla neonata famiglia, devono guardarsi dal pericolo dei pesci più grossi, facendosi carezzare dal dolce abbraccio del mare. La luce mostra i sentieri dell'abisso, le sue profondità, resi ancor più spettacolari dalle suggestive riprese subacquee in movimento.
Finché arriva il tempo della terza marcia, quella della luna, il ritorno dall'oceano delle madri esauste, il momento della nascita, quando la notte spalancata si prolunga ed affonda nel tempo e la vita ha bisogno di loro, i giorni in cui il cielo ha lo sguardo cattivo, perché l'inverno ha deciso di colpire il desolato paese di freddo. Quando le ali belle delle figlie della notte corrono sulle stelle, danzano a cercare il sole e la notte senza fine avverte il gelo e porta i rumori del ghiaccio, rendendo irreale la vita.
Certe madri non riescono a tornare e rinunciano al loro piccolo, il figlio dell'inverno, il fragile vigore, abbandonandolo; i padri, da mesi digiuni e provati dalla forza dei venti, si dirigono a loro volta verso l'oceano per sfamarsi, non riuscendo, purtroppo, in molti casi a raggiungerlo. La marcia suprema, la marcia degli affamati, affrontata con la promessa di ritrovarsi e di riconoscersi tramite i ricordi della voce ed odori familiari, ricongiungendosi in un preziosissimo attimo di festa, da vivere pienamente, come nell'oraziano carpe diem.
Nell'attesa del ritorno dei pinguini maschi, superata la paura della solitudine quando anche le madri vanno in cerca di cibo, muovono i primi passi da soli, la loro prima marcia, quella del pinguino libero, il gran salto che fa voltare la prima pagina della loro vita, la prima corsa nella neve, la prima nuotata, l'asilo nido con i compagni per riscaldarsi. Il tempo del rinnovamento, anch'esso pieno di pericoli, dall'arroganza del freddo ai rapaci dalle lunghe ali, cui cercano di resistere con imperturbabile fierezza, nonostante lo smarrimento. Ed ancora non manca lo straziante dolore per le messi di vite perdute.
Voce che narra una storia pazzesca, una storia d'amore, la più bella storia della natura, una favola antica e moderna, quella dei pinguini imperatore, i cui antenati, sempre là, in piedi, come sentinelle, furono gli unici animali a sopravvivere con coraggio ai cambiamenti della terra, dopo la distruzione del primordiale giardino ricco di piante e creature.
Il racconto inizia dal giorno della partenza di questi pesci con le ali, il terzo dopo il raduno, quando, ricevuto il segnale, essi lasciano l'oceano, iniziando, con la prima marcia, quella delle lunghe carovane, dell'amore, un misterioso rituale che si ripete da migliaia di anni, un lungo viaggio quasi impossibile, per stabilirsi dove l'inverno li coglie, dove incontreranno colonie venute dai quattro angoli del pianeta, alle porte di pietra che li videro nascere tutti, fin dall'inizio dei tempi, tra i sicuri muri di granito. Si tratta di Adelie Land, il più ostile posto del mondo, dove l'amore trova una via, in mezzo agli iceberg, colossi addormentati come i vagabondi.
Qui infatti, i pinguini scelgono la loro compagna, con cui resteranno solo un anno, e tra canti nuziali quelli che si sono scelti da tempo si isolano nell'intimità delle pareti, dove, nel silenzio, una promessa di vita si installa nel tepore dei loro ventri, dopo che l'amore è stato detto e l'amore è stato fatto con il solenne ballo d'invero, una particolare e difficile danza che deve essere equilibrata e perfetta per proteggere l'uovo, quel minuscolo fremito di cuore, il loro tesoro, dal gelo dell'Antartide. Quando ciò non accade, essendo difficile costruire la vita, quando il gelo pianta la sua mascella, la disperazione porta alcune madri a cercare di rubare il cucciolo di altri, per poi tornare, sconfitte, all'oceano, che canta, sotto, i suoi canti magnetici, attraverso quel paese troppo grande per loro, in cui splendono i sentieri del cielo, perché il sole e le stelle vi hanno tracciato le mappe eterne.
In questo triste caso, come in tutte le marce, l'individuo solitario è condannato, mentre si salva il gruppo, con la forza dell'unione e della solidarietà, perché se attraversano la linea invisibile delle frontiere della vita si addormentano e a poco a poco svaniscono nel bianco e dove regna il bianco, chi muore è cancellato.
Così arriva il tempo della seconda marcia, quella del crepuscolo, delle madri nel deserto di ghiaccio, tra lotte e sofferenze, verso l'oceano, per poter sfamare sé sesse ed i loro piccoli, mentre i padri, per tre lunghi mesi, sfidano l'inverno, covando con amore le uova, attendendo con speranza il ritorno della compagna e lo schiudersi dell'uovo. Si tratta della prima separazione dei danzatori, durante la quale i pinguini maschi per resistere al vortice della tempesta si uniscono diventando un solo corpo che muovendosi lentamente e in continuazione si attorciglia su se stesso, stringendosi a testuggine, e con coraggio non si fiaccano, e le madri, dopo la marcia sul ghiaccio che li separa dall'acqua in cui vogliono entrare, metafora della distanza dalla neonata famiglia, devono guardarsi dal pericolo dei pesci più grossi, facendosi carezzare dal dolce abbraccio del mare. La luce mostra i sentieri dell'abisso, le sue profondità, resi ancor più spettacolari dalle suggestive riprese subacquee in movimento.
Finché arriva il tempo della terza marcia, quella della luna, il ritorno dall'oceano delle madri esauste, il momento della nascita, quando la notte spalancata si prolunga ed affonda nel tempo e la vita ha bisogno di loro, i giorni in cui il cielo ha lo sguardo cattivo, perché l'inverno ha deciso di colpire il desolato paese di freddo. Quando le ali belle delle figlie della notte corrono sulle stelle, danzano a cercare il sole e la notte senza fine avverte il gelo e porta i rumori del ghiaccio, rendendo irreale la vita.
Certe madri non riescono a tornare e rinunciano al loro piccolo, il figlio dell'inverno, il fragile vigore, abbandonandolo; i padri, da mesi digiuni e provati dalla forza dei venti, si dirigono a loro volta verso l'oceano per sfamarsi, non riuscendo, purtroppo, in molti casi a raggiungerlo. La marcia suprema, la marcia degli affamati, affrontata con la promessa di ritrovarsi e di riconoscersi tramite i ricordi della voce ed odori familiari, ricongiungendosi in un preziosissimo attimo di festa, da vivere pienamente, come nell'oraziano carpe diem.
Nell'attesa del ritorno dei pinguini maschi, superata la paura della solitudine quando anche le madri vanno in cerca di cibo, muovono i primi passi da soli, la loro prima marcia, quella del pinguino libero, il gran salto che fa voltare la prima pagina della loro vita, la prima corsa nella neve, la prima nuotata, l'asilo nido con i compagni per riscaldarsi. Il tempo del rinnovamento, anch'esso pieno di pericoli, dall'arroganza del freddo ai rapaci dalle lunghe ali, cui cercano di resistere con imperturbabile fierezza, nonostante lo smarrimento. Ed ancora non manca lo straziante dolore per le messi di vite perdute.
Infine, dopo cento giorni di tormento, nel terzo dell'anno, quando il sole e la luna si ritrovano in cielo, ritorna la luce: è la vittoria sull'inverno, sul freddo che consuma, quella della vita e dell'amore sulla morte.
Ed è il tempo dell'ultima marcia, della separazione, del ritorno al mare, dopo che le zampe corte si sono trasformate in piccoli marciatori dei ghiacci e in figli dell'oceano: nell'estate si scambiano promesse d'amore per il successivo incontro, quando i primi freddi saranno dolci lacrime, perché per il più lungo degli inverni danzeranno, per nove mesi si perderanno e si ritroveranno, se il loro ballo sarà stato armonioso si ritroveranno, per perpetuare, nel silenzio, scrutando l'orizzonte, la marcia dell'imperatore, restando così fedeli ai saggi insegnamenti degli antenati, danzando la vita.
Protagonista di questa storia, per certi versi romantica e sacrale, è, quindi, anche la natura, fotografata da Laurent Chalet (Face a la nuit) e Jerome Maison (Chic!) nella sua maestosa e splendente bellezza, fatta da una tavolozza di colori pastello, dall'azzurro limpido del cielo, dal bianco candido delle nuvole e del ghiaccio, al giallo del sole e dei sui riflessi sull'immensa pianura, in cui si odono soltanto pochi suoni millenari.
Grande successo in tutto il mondo e nominato a dieci premi internazionali, ha vinto, tra gli altri, l'Oscar, l'Eddie Award e il National Board of Review Awards come Miglior Documentario e il César come Miglior Sonoro.
Lo stile di questo documentario prodotto dalla Bonne Pioche, intenso ed originale, a tre voci nella versione inglese (pinguino maschio, pinguino femmina e cucciolo), è fatto di brevissimi stacchi, quasi sovrimpressioni, campi lunghissimi dei paesaggi, in cui lenta avanza la macchina da presa con carrellate in avanti e panoramiche, che mostrano i pinguini, tutti uguali, tra i blocchi di ghiaccio, pericoli imprevedibili, sempre diversi tra loro, piani lunghi per le visioni d'insieme, e dettagli che sottolineano il legame e l'affetto tra le coppie e tra queste e i loro cuccioli.
Il sapiente montaggio di Sabine Emiliani (La volpe e la bambina), dal ritmo perfettamente equilibrato tra momenti di tensione ed altri di tenerezza, sottolinea la magia del significato del contrastato rapporto buio-luce, il tramonto e l'alba come fragile soglia, come quella che, nel duro viaggio dei pinguini, separa la vita dalla morte. Il parlato è ridotto, ma essenziale e pregnante, teso a sottolineare la poeticità della drammatica e meravigliosa missione di questi eleganti ed eroici animali, cui non possiamo non guardare con simpatia e stima, per il prezioso insegnamento che ci donano, sul rispetto della natura, sullo spirito di sacrificio e sopportazione e, soprattutto, sull'inestimabile valore della vita.
Nessun commento:
Posta un commento