Il mio grosso grasso matrimonio greco (USA, 2002) di Joel Zwick è uno dei film che trattano in modo più preciso e profondo il tema della famiglia, inteso in tutte le sue declinazioni di rapporto coniugale, tra fratelli e genitori - figli, in quanto la storia mette a confronto ben due famiglie, di origini, tradizioni e comportamenti totalmente diversi.
I parenti di Toula Portokalos (Nia Vardalos), la dolce e timida protagonista, sono numerosi e allegramente chiassosi, amanti della buona cucina e della compagnia, con abitudini che risultano assurde e sgradevoli a chi non ne conosce il reale significato, come i silenziosi e compassati Miller, i genitori di Ian (John Corbett), il bell'insegnante di letteratura che Toula incontra, innamorandosene a prima vista, nell'agenzia di viaggi della zia Voula, in cui lavora.
Grazie a lui e alla complicità della madre che, permettendole di frequentare un corso di informatica all'università, la libera dalla prigionia affettuosa ma soffocante in cui la relegano i suoi doveri di figlia obbediente e rispettosa, il goffo e brutto anatroccolo si trasforma in un bellissimo cigno che, uscito dal suo guscio e diventato indipendente, riesce coraggiosamente ad essere se stesso e a inseguire i propri sogni e desideri.
La bellezza del film - la miglior commedia romantica americana degli ultimi decenni, a detta di certa critica e pubblico - sta nella bravura della protagonista, che gioca il suo ruolo sull'espressività degli occhi e del volto. Ed ella è anche la sceneggiatrice che convinse Tom Hanks a produrre questo film semplice e divertente che racconta in modo brillante la sua difficoltà di ragazza greca che, sfidando pregiudizi ed incomprensioni, riesce a coronare il suo sogno d'amore sposando uno straniero, che nel film è vegetariano, ma deve stoicamente assaggiare i piatti di carne della tradizione, oltre a subire i riti del battesimo e della conversione.