Per chi ama la cucina e, naturalmente, i thriller, La ricetta del delitto perfetto (Francia, 2023) di Chloé Micout (Je suis "Mademoiselle", Mon coeur, Hope), tratto dal romanzo Petits meurtres à l'étouffée di Noel Balen e Vanessa Barrot, sceneggiato da Isabelle Polin e Frederic J. Lazet, è il film perfetto. Non solo è un puzzle con i pezzi meravigliosamente incastrati, non solo è interessante ed equilibrato tra suspense e momenti di normale tranquillità quotidiana, ma è anche molto moderno, sia nello stile che nei contenuti, che alternano vicende personali a problemi universali. La pellicola, prodotta da GMT e distribuita da France 2, insiste, infatti, sul mondo dei social, dal momento che la protagonista, Laure Grenadier (Cécile Bois), ex chef stellata di Lione, da due anni è una food blogger e critica gastronomica con milioni di followers.
Tratta, inoltre, di temi attuali come la violenza domestica, il rapporto educativo genitori e figli (se i ragazzi sbagliano è colpa loro o della madre e del padre?), e il rispetto per l'ambiente (Jerome Grenadier combatte gli sprechi alimentari, un suo fornitore vuole creare un marchio biologico) e gli animali (Amandine, la figlia adolescente di Laure, ed i suoi amici sono vegetariani e protestano contro gli "assassini" che consumano carne fino a farsi arrestare). Lo stile è molto suggestivo, come le musiche di Nicolas Jorelle e l'ambientazione, tra ristoranti di lusso, aziende agricole, mercato e strade e colline di Lione, con un continuo passaggio tra luce, buio e penombra, e tra esterni, interni ed esterni visti da interni, con i vetri che diventano metafora dei dubbi che separano Laure, il suo ex compagno Nicolas (Charlie Dupont), commissario di polizia, ed il suo nuovo giovane vice parigino Baptiste Toussaint (Antoine Férey), fan di Laure, dalla verità sull'omicidio di Jerome Grenadier (Bernard Le Coq), zio della donna ed in seguito di due suoi colleghi ed amici.
Tra false piste, vicoli ciechi, passaggi segreti sotterranei, ricordi, vendette e riavvicinamenti, scomparse improvvise e brutali aggressioni, si arriva all'amaro lieto fine, che porta alla luce sconvolgenti verità su persone insospettabili vicine ai protagonisti.
La storia è avvincente, il ritmo abbastanza rapido, la psicologia dei personaggi, anche minori, ben delineata, la vicenda coerente e realistica e la fotografia di Guillaume Quoilin spettacolare. Le tinte non sono troppo forti, ma la tensione tiene comunque accesa la curiosità, facendo fare ipotesi sui moventi e sugli assassini anche agli ignari spettatori. Forse ai romantici e ai sognatori non piacerà, perché l'amore ne esce pateticamente distrutto, come il valore ed il senso del matrimonio, tra abbandoni, crisi di mezza età, tradimenti, sperpero di patrimoni altrui, gelosia, sacrifici, incontri su internet e desiderio di non avere figli. Quello che, invece, ne esce vincente, è l'amicizia, dal momento che é Olivier (Denis Maréchal), compagno d'infanzia di Laure e padrino della figlia, che la ascolta e la consola dopo l'abbandono, il lutto e le litigate con la ribelle Amandine (Victoria Eber), senza doppi fini ed è lui che festeggerà il suo successo come informatrice nella sua strana indagine sotto copertura nella quale, esperta conoscitrice del mondo dell'alta cucina, diventa essenziale collaboratrice di Nicolas e Baptiste.
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