domenica 25 agosto 2024

Una sconosciuta

Una sconosciuta (2021) di Fabrizio Guarducci (Mare di grano, Anemos - Il vento, Two Days), tratto dall'omonimo libro, scritto dal regista, ed ispirato ad una persona realmente esistita, è stato uno dei primi film che mi ha fatto ritornare il desiderio di scrivere recensioni, di sicuro quello che ne ha acceso più fortemente il bisogno, la necessità, oltre alla voglia. E ha risvegliato in me anche il gusto per i film impegnati, per i drammi intensi, dopo un periodo in cui, segnata dalle troppe notizie negative in arrivo dal mondo, preferivo la leggerezza.
La triste storia personale di Daniele (Sebastiano Somma), abbandonato da Beatrice (Sandra Ceccarelli) dopo la perdita prematura della figlia, per la quale si sente in colpa, e la chiusura del suo bar, da lui gestito assieme al buon Elpide (Andrea Muzzi), il personaggio più simpatico, e quasi comico, a partire dal nome, della pellicola, dopo la grave epidemia che ha colpito la cittadina, diventa universale, uno spunto per riflettere a fondo su tematiche profonde quali l'essenza dell'uomo ed il senso della sua vita. L'epidemia, infatti, ha costretto le persone a rifugiarsi nelle proprie case, smettendo di incontrarsi e persino di parlare, mettendole di fronte alla loro miseria, alla loro piccolezza, come nudi davanti allo specchio, consci della desolazione e dell'aridità della propria anima, delle proprie paure più recondite e debolezze. E il protagonista, primo fra i suoi concittadini, abitanti di un borgo prima meraviglioso ed ora triste e abbandonato, col tempo capisce che la vita è emozione, confronto con gli altri, dei quali bisogna avere cura, stupore per la bellezza che ci sta intorno ovunque, che per rinascere dopo un drammatico periodo è necessario ripartire dal passato, dalle proprie passioni, dalla vera natura e dalle personali inclinazioni, da ciò che siamo veramente, da ciò che è più importante per noi, ascoltando la voce del proprio cuore, percependo le sensazioni, essendo presenti. Questa è la ricetta utile nei momenti di difficoltà e per liberarci dei falsi amici, del pessimo giornalismo che punta solo agli scoop sensazionali e non alla verità, della malattia, del grave problema dell'incomunicabilità, dell'avidità, e persino della morte. Ad aiutare Daniele ed i vecchi clienti del suo bar nel parco, giovani innamorati, anziani soli, nel loro faticoso e buio cammino interiore arriva improvvisamente una misteriosa donna, giovane e silenziosa (Desirée Noferini), che, giorno dopo giorno, sedendo al solito tavolino alla stessa ora sorseggiando un tè legge beata un libro, apparentemente incurante di ciò che accade intorno. La sua strana presenza e la sua particolare abitudine fanno innamorare il caro Elpide, onorato di poterla servire ogni volta ed ha il potere di attirare nuovamente clienti, curiosi per la novità. Incoraggiati dal tenero sorriso della donna e dal suo sguardo pieno di partecipazione, a turno essi si confidano con lei, che si limita ad ascoltarli con attenzione e sensibilità, donando ai loro cuori feriti nuova pace e serenità, spingendoli al cambiamento che potrà migliorare la loro condizione. La sconosciuta, vera protagonista del film, giustamente pluripremiato, arricchito da colte citazioni e dalle musiche di Pino Donaggio (Sissi, Don Matteo, Un passo dal cielo), gli dona un'aurea religiosa, lo lascia sospeso tra realtà e irrealtà, tra sogno e verità, sino al lieto fine, seppur amaro. La donna, infatti, portatrice di grazia e speranza, potrebbe essere un'incarnazione della Vergine (pura, bella, dolce, la rosa donatale) o della figlia di Daniele ("mi sembrava di conoscerla") o un angelo. Il suo libro, inoltre, è la metafora della contrapposizione tra destino e libero arbitrio. 
E un piccolo miracolo l'ha compiuto anche con me, perché questo film pieno di patos, con straordinari interpreti, personaggi ben delineati, dialoghi pregnanti e silenzi ancor più potenti, oltre un ritmo che ho sentito dentro, ha lasciato un segno e molti valori, oltre ad una sentita gratitudine.  

Nessun commento:

Posta un commento